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venerdì 1 settembre 2017

Sulphur - Cursed Madness

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death, Immortal
Dalle lande sulfuree della Norvegia, ecco innalzarsi la creatura infernale dei Sulphur. Il quartetto scandinavo, che conta tra le sue fila anche l’ex tastierista degli Enslaved, nascono dalle ceneri dei Taakeriket nel 2000 e dopo un mediocre demo, hanno catturato l’attenzione della Osmose, che fiutò, nel quintetto, i potenziali eredi degli Immortal. Dopo aver ascoltato 'Cursed Madness', album uscito nel 2007, posso solo dire che potenzialmente potrebbero anche diventare i nuovi Immortal, ma che la strada è lunga e lastricata di parecchio lavoro. I Sulphur infatti si sono palesate come una band fra le tante nell'intasato e malvagio panorama black/death. La musica proposta dai nostri segue gli stilemi classici indicati prima dai Morbid Angel e poi ripresi dagli Immortal periodo 'Blizzard Beasts'. Una sorta di black metal old school, dalle forti venature death, con qualche inserto tastieristico, forse per voler conquistare quella fetta di pubblico non proprio intransigente e più legato al lato sinfonico della musica estrema, è quello proposto dai nostri. Si tratta in ogni caso, di nove tracce, senza infamia né lode, in cui l’aria che si respira è quella tipica, pesante dei gironi infernali. Fortunatamente, ci sono pezzi in cui i ricami delle keys riescono a conferire all’intero lavoro un aspetto pressoché gradevole, ma sono talmente rari, che rapidamente ci si annoia e si finisce per spegnere lo stereo. Nei 40 minuti di musica contenuti, si susseguono palesemente i richiami agli Immortal, per quel feeling malvagio che solo la band di Abbath e Demonaz era in grado di sprigionare. Penalizzati poi da una produzione ovattata, la band si dimostra comunque più a proprio agio sul versante black che death, segno che forse avrebbero dovuto prediligere un genere piuttosto dell’altro. Da ascoltare e riascoltare, per capire se qualcosa di valido effettivamente c’è. (Francesco Scarci)

(Osmose Prod - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/SULPHURBAND

giovedì 31 agosto 2017

Macabra Moka - Tubo Catodico

#PER CHI AMA: Rock/Hardcore/Stoner
La Macabra Moka è una band di Cuneo nata nel 2010 che, dopo aver esordito con il primo full length 'Ammazzacaffè' nel 2014, lo scorso marzo ha pubblicato 'Tubo Catodico' tramite la sempre attiva cordata composta da DreaminGorilla Records / VOLLMER - Industries / Dischi Bervisti e tanti altri. Abbiamo ricevuto la versione per gli addetti ai lavori, quindi possiamo apprezzare solo la copertina che tramite un collage in stile fumetto, rappresenta il peggio della tv italiana (Zanicchi, Magalli, etc.) in versione horror, riallacciandosi quindi al titolo del cd. Il quartetto formato da batteria-basso-chitarra-voce suona un energico mix fatto di rock, hardcore e stoner cantato rigorosamente in italiano, a voler confermare che non ci devono essere barriere di alcun tipo tra la band e l'ascoltatore. "Radio fa" è la prima traccia contraddistinta da riff potenti come le parole che vengono sputate ed urlate nel ritornello carico di disagio e sofferenza, il tutto raccontato tramite la metafora delle trasmissioni radio. Subito si scorge la rabbia giovanile dei primi Ministri e Teatro degli Orrori che in tre minuti spaccati viene raccontata nella versione macabra del nostro gruppo. In "Tormentone d'Estate" i riff sono più alla QOTSA, un'ottima simbiosi strumentale che incalza e colpisce duro, il tutto alleggerito dal ritornello scanzonato che ci sbatte in faccia lo squallore della nostra vita mondana, fatta di apericena e selfie. Poi, riuscire a infilare Federica Panicucci nel testo non è proprio cosa da tutti. Si passa a "LeAquile del Metallo Morto", dove la sezione ritmica martella in modo ossessivo e le chitarre ci regalano suoni corposi che trasudano rock alla vecchia maniera, con tanto di assolo delirante a chiudere con annessa accelerazione finale. Tutta l'attitudine hardcore si concentra in "Ok, il Prezzo è Giusto" che ha l'effetto di un cric preso in pieno muso tanto, parole che tagliano quanto i riff suonati a velocità folle. Se i Bachi da Pietra hanno sfruttato l'entomologia per raccontare meglio la nostra società, la Macabra Moka l'ha fatto sfruttando la televisione italiana, portando il cinismo e l'autocritica a livelli paradossali. Un album coinvolgente, schietto come non ascoltavo da tempo ed oscuro al punto giusto. Da avere assolutamente perché sotto la finta patina di 'Tubo Catodico' si nascondono dei contenuti profondi che nell'ambito musicale ormai pochi hanno il coraggio di decantare. (Michele Montanari)

(DreaminGorilla Records/VOLLMER Industries/Dischi Bervisti/Tanto di Cappello Records/Scatti Vorticosi Records/Brigante Records & Productions - 2017)
Voto: 80

https://lamacabramoka.bandcamp.com/album/tubo-catodico

Hurtlocker - Embrace the Fall

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash/Metalcore
Anche la Napalm Records ha avuto la sua fase thrash/metalcore, un genere quest'ultimo che ha saturato il sistema a metà anni 2000. Era il 2007 quando gli Hurtlocker, provenienti da Chicago, a distanza di un anno dal loro 'Fear in a Handful of Dust', hanno rilasciato questo scialbo 'Embrace the Fall' (peraltro anche loro canto del cigno). L’aggettivo scialbo non sta però a definire una band priva di rabbia o con un sound povero di potenza, più che altro sottolinea una release spoglia di inventiva. Qui c’è del discreto e selvaggio thrash metal, estremo nelle sue accelerazioni che sfociano nel brutal, grazie alla presenza di blast beat, riff ronzanti (non del tutto soddisfacenti), growling rabbiose e tediose (il vocalist canta troppo per i miei gusti), poche linee melodiche e una sana dose di cattiveria. Per quanto mi riguarda, il disco è tutto racchiuso in queste poche parole: aggiungo inoltre che le dieci tracce qui contenute, risentono come sempre dell’influsso metalcore americano, non creando quindi nulla di nuovo alla fine. Importante sottolineare il lavoro in consolle di Zeus, già all’opera con Shadow Fall e Hatebreed. Nonostante la buona preparazione tecnica, gli Hurtlocker risultano sì cattivi, ma anche estremamente noiosi. Cambiamo Cd! (Francesco Scarci)

(Napalm Records - 2007)
Voto: 55

https://myspace.com/hurtlocker1

Forever in Terror - Restless in the Tides

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Metalcore/Deathcore, As I Lay Dying
Metalcore, metalcore e solo metalcore... Mi sono domandato più volte se la Metal Blade non fosse in grado di produrre altro. Avrete quindi intuito che ci troviamo di fronte all’ennesimo gruppo dedito a queste sonorità, che la casa discografica tedesca è da sempre pronta a sfruttare per rastrellare un po’ di quattrini. Il quintetto dell’Ohio, qui aiutato dal buon Mark Hunter dei Chimaira, propone il solito death metal melodico contaminato da suoni americani, sulla scia di Unearth e As I Lay Dying, e con qualche reminiscenza che riporta a Dark Tranquillity e Soilwork. Non esaltatevi troppo però, perché il combo statunitense, nonostante strabordi di energia, aggressività e rabbia, è abbastanza carente dal punto di vista delle idee. In 'Restless in the Tides' ci sono tutti gli ingredienti che hanno reso celebre il genere: riffing selvaggio e potente, stop’n go, urla sgraziate (in pieno stile Unearth), cori ruffiani, ritmica serrata e una gran dose di melodia. Peccato che in tutto ciò, non ci sia un briciolo di personalità, che possa rendere distinguibili, i Forever in Terror, all’interno del marasma esagerato di band, che popolano il panorama metalcore. Pessima poi la cover del disco, ad opera di Derek Hess che ha collaborato anche con In Flames e Converge. Sarà stata la loro tenera età all'esordio, di certo non si sono confermati molto più maturi con i successivi lavori assai banali. Consigliato alla fine solo a chi non può fare a meno di acquistare l’ennesimo album metalcore. (Francesco Scarci)

(Metal Blade - 2007)
Voto: 50

https://www.facebook.com/foreverinterror

The Pit Tips

Francesco Scarci

Rebirth of Nefast - Tabernaculum
Sun of the Sleepless - To the Elements
Shade Empire - Poetry Of The Ill-Minded

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Don Anelli

Formicarius - Black Mass Ritual
Enragement - Burnt, Barren, Bloodstained
Insatia - Phoenix Aflame

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Five_Nails

Inverted Serenity - You Manifest Your Own Reality
Divine Element - Thaurachs of Borsu
Lifelover - Konkurs

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Alberto Calorosi

The Night Flight Orchestra - Internal Affairs
The Mavericks - Brand New Day
Cucina Sonora - Evasione

martedì 29 agosto 2017

NevBorn - Daidalos

#PER CHI AMA: Post Metal, The Ocean, Deftones
Qui nel Pozzo dei Dannati siamo stati testimoni di tante crescite illustri e non. Tra le band che abbiamo visto nascere ci sono anche i qui presenti NevBorn, ensemble che abbiamo recensito un paio d'anni fa in occasione del loro debut album, 'Five Horizons'. Il five-piece di Neuchâtel torna (anzi tornerà visto che la release è schedulata per fine settembre) in pista con un EP mono-traccia nuovo di zecca, edito questa volta dalla sempre più cannibale Czar of Crickets Productions (qui in collaborazione con la Cold Smoke Records), pronta a lanciarsi come un avvoltoio sulla maggior parte delle band valide del proprio paese. I NevBorn rilasciano quindi "Daidalos", song di ben oltre 18 minuti che sembra prendere le distanze dal passato post metal più in linea con le produzioni di Isis e Cult of Luna, per avvicinarsi invece maggiormente al sound più alternativo dei Deftones. Questo almeno quanto testimoniato nei primi tre minuti di questa lunghissima song, che sembra tirare successivamente in ballo, in modo più concreto, i The Ocean, non solo per la presenza di Loic Rossetti, vocalist della band teutonica, dietro al microfono, ma proprio per le sonorità che ammiccano inequivocabilmente al collettivo di Berlino, attraverso arcobaleni sonori che regalano splendidi frangenti atmosferici, in cui il cantante dei The Ocean dà grande prova delle sue eccelse doti canore, affiancandosi a Matthieu Hinderer, la voce di ruolo dell'act elvetico. Ma è la magistrale e riconoscibilissima voce dell'ottimo Loic ad alzare l'asticella, unita ad un sound che si muove tra momenti sognanti ed altri più malmostosi e sludge orientati, che s'intersecano ancora con attimi ambient in un flusso sonoro moderno, piacevole, malinconico, definitivamente emozionale e carico di pathos, che impone un unico obiettivo, far vostro questo delicato e raffinato dischetto che forse potrà fungere da antipasto ad un nuovo attesissimo full length rilasciato da NevBorn e compagni. Certo è che se la presenza di Loic verrà confermata in futuro, siate pronti a sentirne delle belle da questi svizzeri. (Francesco Scarci)

(Czar of Crickets/Cold Smoke Records - 2017)
Voto: 75

https://www.facebook.com/nevbornmusic/

Landskap - III

#PER CHI AMA: Psych Doom Rock
In apertura di 'III' ci si trastulla con quel vintage graffiante ("Wayfarer's Sacrifice" e "Awakening the Divide", che per chiarire il concetto, sfoggia una palese citazione di "Gypsy" nel bridge) di matrice desert-nordica, quindi più meno dalle parti di Graveyard (stiamo ovviamente parlando del deserto della taiga che si estende alle spalle di Göteborg) e Rival Sons (dopotutto Long Beach è a nord di qualcosa, per esempio di San Diego), il che suggerisce una certa prossimità ai momenti più riverberanti dell'atto prima della band britannica. In contrapposizione, la straordinaria e irrotazionale epica conclusiva di "Mask of Apathy", costruita con gli stessi mattoncini di "To Harvest the Storm" e inopinatamente caratterizzata da una repentina e sublime discontinuità steppenwolfica (più precisamente born-to-be-steppenwolfica). Applausi a scena aperta: l'obnubilante crescendo emotivo in 19/8 di "TheTrick to Letting Go" esprime una maestosità che a confronto 'Anathema' degli Anathema sembra una ballatina voce-tremula-e-chitarra-scordata di quelle canticchiate dai perditempo nei corridoi della metropolitana londinese. Produzione abbordabile e limpidissima, crooning straordinario tra un Jim Morrison col tovagliolo sulle ginocchia e un Ian Astbury che sta cavando le zecche dal suo cane. Un album, nonostante la breve durata, immensamente fatiscente. (Alberto Calorosi)

Perseus - A Tale Whispered in the Night

#PER CHI AMA: Heavy/Power
Il redivivo Icarus Lizard vivacchia da qualche tempo dilaniato dalla noia all'interno di uno scomodissimo specchio incantato. Poi un bel giorno non si fa sfuggire l'occasione di possedere il corpo del giovane Nathan e, zac, da lì dentro, costituire un esercito di miliziani pronto a combattere le forze delle tenebre capitanate da Rasoio Scuro. Il secondo capitolo della saga del Dr. Icarus Lazard orchestrato dai brindisini Perseus, rivoluziona il concetto stesso di concept, scorporandone una volta per tutte l'uso del cervello. Ma il power-metal è fatto innanzitutto di muscoli, e i muscoli certamente non mancano in questa power-epopea ultra-ortodossa caratterizzata da accelerazioni quasi-speed ("The Diary", "Deceiver"), epic-ballads ("Dying Everytime" e "Rain is Falling") e stratificazioni sinfoniche di matrice italo-scandinava ("I'm the Chosen One"). Ascoltatevi questo disco vestendo all-black-leather spaparanzati su una spiaggia del Salento brindisino durante un soleggiato pomeriggio. Entro sera capirete a vostre spese come mai da quelle parti tira soprattutto il sound system. (Alberto Calorosi)

(Buil2kill Records - 2016)
Voto: 65

https://www.facebook.com/PerseusPowerMetalBand

Il Confine – Il Cielo di Pryp’Jat

#PER CHI AMA: Hard Rock/Nu/Alternative
Mi ci è voluto un po' per digerire il secondo album dei pugliesi Il Confine, sebbene il titolo del lavoro inducesse in me una forte curiosità, visto il richiamo a Pryp’Jat, la città ucraina fantasma abbandonata a seguito dell'esplosione nucleare nella limitrofa Černobyl nel 1986. Il genere proposto dal quintetto brindisino è un ruffiano alternative rock che già a partire dalla opener, "Eccedere e Cedere", mette in luce tutti gli ingredienti, i punti di forza e debolezza, della band nostrana. L'ensemble si affida ad un sound di matrice hardrock su cui poggia la voce mainstream del frontman, accompagnato qui da riffoni più pesanti che chiamano in causa realtà americane Nu metal e che poi nel finale offre addirittura un cantato rappato che mi fa storcere il naso. Un modo di cantare che mi indispone anche all'inizio della seconda "Tentacoli", un'altra song che lascia sicuramente intravedere le potenzialità di una band che si muove con grande disinvoltura nell'utilizzo di testi in italiano, ma anche una certa abilità nei cambi di tempo e nel miscelare l'hardrock con effettistiche elettroniche. Ahimè quello che fatico a digerire è l'utilizzo delle voci abbinate a dei chorus forse un po' scontati e ad un proposizione talvolta elementare delle ritmiche. La title track, 'Il Cielo Di Pryp’Jat', si palesa con il suo sound oscuro allineata nel testimoniare gli edifici abbandonati della città ucraina attraverso però l'uso di testi un po' banalotti; di contro la sua musicalità si mostra assai efficace nel modularsi tra chiaroscuri sonori. La sensazione persistente che avverto durante l'ascolto del disco è però quella che non sia cosi chiaro per i nostri cosa voler fare da grandi: imitare qualche band mainstream americana con la variabile del cantato in italiano, oppure voler seguire le orme dei conterranei Negramaro, come nella semi-ballad "Abissi", nella più movimentata e punkeggiante "2103", nell'irrequieta "Vitrei Dedali" o ancora in "La Sintesi", pianistica song che vede un inedito duetto vocale tra una voce rock e una lirica maschile che sicuramente regala un maestoso effetto conclusivo, ma che pone nuovamente seri dubbi sull'identità dei nostri (influenze da Il Volo forse?). Il disco riserva qualche altro spunto interessante, tra cui vorrei segnalare la bonus track, "Il Concetto di Dose", che vede la presenza di Annaclaudia Calabrese in un ruolo più predominante dietro al microfono, per un'ultima arrembante traccia che ha modo di strizzare l'occhiolino anche agli Evanescence. Disco piacevole ma credo ancora transitorio. (Francesco Scarci)

(Alka Record Label - 2017)
Voto: 65

https://www.facebook.com/ilconfineband/

domenica 27 agosto 2017

Divine Element - Thaurachs of Borsu

#FOR FANS OF: Death/Black Epic, Amon Amarth, Primordial
To style Divine Element as an Amon Amarth clone would be an uneducated attempt to compliment two exceptional musicians. Playing a powerful and fiery form of melodic death/black metal, this Hellenic pair plays closely to Amon Amarth's nearly unrivaled glory while finding its own glory in a unique realm of kingdoms and chaos. A concept album that serves as a companion piece to founding member Ayloss' upcoming novel of the same name, 'Thaurachs of Borsu' is the tale of one warrior's destiny wrapped in the fate of his warlike nation. Together they take on the challenge of overcoming an immensely powerful usurpation of their ancestral homeland while the protagonist confronts cosmic questions and tests of his loyalties in this unforgiving world.

Combining Amon Amarth power with Primordial atmosphere in the opening instrumental, “A Realignment With Destiny” and using moments of narration that make even The Meads of Asphodel seem completely cheese-less, Divine Element explores its broad concepts through a mixture of folk sound and chest-beating battle riffs in this invigorating half hour. Bookended by interludes and featuring an instrumental in the midpoint of this album, the meat of this release is five unique tracks that explore the human spirit, proclivities for tribalism and notions of power, and embark on a journey of blood and battle that rages across the sea to brutally conquer a capitol. Incredibly uplifting tremolo riffs ride galloping drums to create a purposeful and compelling atmosphere in the money track “On the Trail of Betrayal”, like a vicious woodland hunt chasing a cunning foe. Where Amon Amarth faced a desperate and solemn ride against time in “Hermod's Ride To Hel”, Divine Element charges down the winding path slaughtering all in its way with the satisfaction that the cavalry can overcome any foes in the dense growth. The lyrics call for an examination of one's loyalties and just what hill is worth holding, questioning what influences and justifications one has in order to fight against or to accept a societal norm. Wrestling with whether to pursue a path that destroys others over “kin, kingdom, caste, and belief” or to “aim towards the noble idea, the Wholeness” of a unification strengthened by all its parts rather than a victor stood atop the ashes of his foes, Divine Element chooses to fight for the light and cleanse obscurity. Enlisting the drumming of Hans Grossman, the blaster in Necrophagist's “Epitaph”, “Call of the Blade” brings that cleansing fury to life, causing carnage and calamity on the road to reconquer the lost lands.

Unlike the failed experiment, Canada's Deity that came out nearly a week after this full-length, this other little known band featuring an established death metal drummer is a stellar example of immersive storytelling through aggressive music. 'Thaurachs of Borsu' is a well-rounded concept album with some incredible moments that is worth a listen from Amon Amarth, death metal, and black metal fans alike. Reaching for its destiny, traveling “Beyond the Sea”, and vanquishing as it marches, Divine Element builds an intricate world around this album and on the page to present an engaging narrative. (Five_Nails)

Alchemist - Tripsis

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Avantgarde, Voivod, Ewigkeit
Li amo da sempre, forse perché sono stato il loro primo fan fin dal lontano 1992, quando uscì il folle 'Jar of Kingdom'. Dopo tre lustri, gli australiani Alchemist hanno rilasciato il loro canto del cigno, una musica sempre contraddistinta da un extreme avantgarde costituito da elementi rock, psichedelici inseriti in un contesto death metal, a deliziare le mie insaziabili orecchie. 'Tripsis' è il sesto lavoro per l’act australe, uscito per la Relapse Records, che ci ha lasciato gli ultimi nove brani della band di Camberra. L’album si apre alla grande con “Wrapped in Guilt”, song che inizia con una certa vena space rock, simile alle produzioni degli Ewigkeit, per poi viaggiare su un mid tempos in pieno Alchemist style, con la voce mai completamente growl di Adam Agius, a dominare la scena. Dal secondo brano in poi, si capisce che la band è in forma smagliante, sfoderando una prova strumentistica dei singoli, davvero notevole (ispiratissima la batteria). Il quartetto crea melodie stranianti su un tappeto ritmico quasi tribale (questa sarà alla fine, la costante dell’album). La release degli aussy boys, riprendendo là dove aveva lasciato nel 2003 con 'Austral Alien', regala melodie aliene, capaci di miscelare nelle proprie note death, psichedelia, gothic, industrial, elettronica con suoni mistico-tribali propri della tradizione aborigena. “Nothing in no Time” ci spalanca la porta ad un nuovo mondo, grazie alla meravigliosa timbrica del basso di John Bray, in grado di creare atmosfere suggestive, lugubri e oscure; le chitarre schizoidi delle due asce poi, fanno poi il resto, originando, con il loro groove seventies, emozionanti turbinii mentali, girandole di colori e chiaroscuri tenebrosi. Il disco degli Alchemist prosegue in questo modo, spiazzando continuamente l’ascoltatore con trovate geniali: psicotici riffs graffianti, elementi progressive, ubriacanti samples e lampi di creatività, ci consegnano una band all’apice della propria evoluzione stilistica, che con quest'album ha voluto mostrare il proprio lato più speed/thrash orientato, mantenendo comunque, quella brillante vivacità che da sempre ne ha contraddistinto il sound. Gli Alchemist hanno continuano a percorrere imperterriti la loro personale strada che gli è valso l’appellativo di “surfthrash band”. Geniali. (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2007)
Voto: 85

https://alchemistband.bandcamp.com/album/tripsis

Endstille - Endstilles Reich

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black Old School, Dark Funeral
Dopo le due buone performance di 'Dominanz' e 'Navigator' era difficile, per la band tedesca, ripetersi con un nuovo ispirato episodio di black distruttivo e inneggiante la morte. Eppure, a questi quattro malvagi guerrieri, l’odio deve per forza scorrere puro nelle vene. 'Endstilles Reich' rappresenta il quinto capitolo della discografia dei nostri, capaci, da quando si sono formati nel 2001, di rilasciare album quasi con cadenza annuale. Ad ogni modo, questa fatica, racchiude sostanzialmente ciò che era già contenuto nei precedenti dischi, con poche nuove quindi all’orizzonte. C’è il solito black metal senza fronzoli, rozzo, super tirato, privo di tastiere e di ogni tipo di contaminazione melodica. Dieci tracce, dieci cavalcate di ultra cattivo war black metal rigorosamente old school, che possono essere paragonate alla velocità di fuoco di un MG42 e alla potenza di una artiglieria navale. Non mancano tuttavia passaggi più ragionati (ad esempio nella conclusiva “Endstille”), dove le chitarre disegnano gelidi paesaggi invernali e con la voce di Iblis a urlare tutta la sua disperazione. Come sempre le lyrics vertono su temi inerenti le Guerre Mondiali. Discreto album per la band teutonica, che dopo quest'album ha ridotto notevolmente le proprie uscite discografiche. Malefici. (Francesco Scarci)

(Regain Records - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/Endstille.Official

giovedì 24 agosto 2017

The Destiny Program - Subversive Blueprint

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Metalcore/Hardcore, Caliban, Heaven Shall Burn
La Nuclear Blast ad un certo punto, ha pensato bene di mettersi a fare concorrenza alla Metal Blade, puntando su band metalcore. Era il 2007 e dalla Germania ecco arrivare quattro ragazzoni, a rimorchio del successo ottenuto dai connazionali Caliban e Heaven Shall Burn, con una proposta del tutto simile. 'Subversive Blueprint' rappresenta il terzo album per la band teutonica, un concentrato esplosivo di metalcore, dal forte sapore americano e reminescenze hardcore old style. Dodici tracce legate da una serie di elementi comuni: affilate chitarre metalcore, sulle quali si inseriscono le urla tipicamente hc del vocalist Johannes Formella, decisamente a suo agio quando canta in modo rude e incazzato, un po’ meno (e troppo emo!!) quando utilizza le clean vocals. Al di là di questo, l’album suona discretamente, anche se dopo un paio d’ascolti, la musica cade ahimè nell’anonimato. Non bastano infatti, altre influenze derivanti dal rock o dall’alternative (in primis dai Deftones), a sopperire ad una mancanza globale di idee, che questo filone sta palesando già da diverso tempo. I Destiny Program fanno bene il loro compitino, giusto per raggiungere una striminzita sufficienza, troppo poco però per attirare la mia esigente attenzione. Se siete alla ricerca dell’ennesimo disco metalcore, l’act tedesco può fare al caso vostro, in caso contrario, lasciate perdere e passate oltre. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast - 2007)
Voto: 60

http://www.destinyonair.com/